Social Network e identità personale

Una giovane donna, sposata con figli, viene a conoscenza che ignoti si sono iscritti ad un social network di incontri personali (“dating”) utilizzando una sua fotografia come immagine del profilo. Un “furto d’identità”, dunque, per usare un’espressione in voga.

Apprende anche, con grande imbarazzo, che diverse persone del quartiere sono a conoscenza del fatto. La titolare apparente del profilo dà, peraltro, anche la disponibilità ad incontri di carattere sessuale.

A seguito di approfondite indagini informatiche, viene individuata una donna la quale ammette l’addebito e, conseguente, viene indagata per diffamazione, sostituzione di persona e trattamento illecito di dati personali.

Il procedimento si conclude con il risarcimento della persona offesa, patrocinata dallo studio, e la richiesta di applicazione pena (patteggiamento) da parte dell’imputata.

Sulla responsabilità del gestore di un forum telematico

Un professore di un istituto superiore viene informato che, su un forum telematico, qualcuno ha pubblicato un fotomontaggio che lo riguarda.

Ritenendo la cosa offensiva, decide, così, di sporgere querela contro ignoti per il reato di diffamazione.

Gli investigatori si rivolgono al gestore del forum imponendogli di fornire ogni informazione in suo possesso per l’individuazione dei responsabili dell’inserimento.

Si giunge, pertanto, a due giovani studenti, da poco maggiorenni, che, al termine delle indagini, ricevono un decreto penale di condanna relativamente al ritenuto reato di diffamazione. I due non fanno opposizione, dunque il procedimento penale si chiude con una condanna ad una pena pecuniaria.

Il professore, vistosi così processualmente impossibilitato a costituirsi parte civile per il risarcimento del danno, decide di imbastire una causa civile citando non soltanto i due studenti, ma, contrariamente all’opinione della Procura, anche il gestore del forum. Questi si rivolge, per la difesa, all’avvocato Daniele Minotti.

I motivi posti alla base della invocata condanna del gestore sono indicati nella pretesa equiparabilità del “service provider” alla figura dell’editore di cui alla legge sulla stampa. Con le conseguenze, appunto, in tema di responsabilità.

Il giudice, pur condannando i due giovani, per decidere le sorti del gestore segue la testi difensiva.

Come per qualunque altro “service provider”, al convenuto devono applicarsi le regole di cui al d.lgs. 70/2003 che escludono doveri di controllo e sorveglianza. Donde il rigetto della domanda di risarcimento.

Le regole del commercio elettronico

I primi giorni del maggio 2013, parte E-Contabilità, il progetto dello Studio di Commercialisti Associati Repetto, Turla, Colangelo, Delucchi di Genova.

E-Contabilità “è il nuovo servizio di contabilità online facile e economico per giovani professionisti, ditte individuali, piccole medie imprese, esercizi commerciali che godono del regime di contabilità semplificata”.

Dell’innovativo strumento è partner anche lo Studio Legale Minotti che ha curato la “messa a norma” del sito per quanto riguarda i profili di privacy (trattamento di dati personali) e commercio elettronico.

Riassegnazione nome di dominio “giornalettismo.it”

Con provvedimento 18 febbraio 2013, è stato riassegnato il dominio www.giornalettismo.it alla proprietà della relativa testata registrata.

Il dominio era stato, infatti, registrato da una società lussemburghese nel 2010 in modo, peraltro, del tutto illegittimo attesta, tra le altre cose, la preesistenza della testata Giornalettismo raggiungibile sul corrispondente dominio .com.

La tesi delle registrazione illecita è stata sostenuta dall’avv. Daniele Minotti, legale di Giornalettismo, che ha anche evidenziato come la Società registrante non fosse nuova ad attività simili (“cybersquatting”), donde la prova malafede della stessa.

Software “abusivo” e professioni liberali

A seguito di una verifica della Guardia di Finanza, in un computer sito nei locali in uso ad uno studio associato di architetti venivano rinvenuti alcuni programmi “abusivi” (privi di licenza, come da contestazione della Procura).

Il legale rappresentante dello studio veniva citato per detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale di programmi per elaboratore ex art. 171-bis l. 633/41 (legge sul diritto d’autore).

Dopo la condanna in primo grado e la conferma in sede di appello, la Corte di Cassazione annullava detta condanna senza rinvio con la formula “perché il fatto non sussiste”.

Detenzione di materiale pedopornografico e riconducibilità personale

A seguito di un’operazione investigativa condotta a livello internazionale, un uomo, accusato di detenzione di materiale pedopornografico (art. 600-quater c.p.), subiva una perquisizione personale e locale.

Presso l”abitazione, condivisa con altri due familiari, gli operanti rivenivano un computer notebook contenente immagini illecite, ma che, come chiarito anche mediante consulenza tecnica, non essendo dotato di alcuna protezione come (ad esempio, una password), era accessibile a chiunque.

In primo grado l’uomo era condannato per il reato contestatogli sulla considerazione che il titolare dell’utenza telefonica/telematica doveva ritenersi responsabile dello scaricamento, dunque della detenzione.

L’esito veniva, però, ribaltato in sede di appello. Invero, il titolare dell’utenza non poteva rispondere per quella sola qualità, a maggior ragione se il computer era accessibile a tutti, anche agli ospiti della famiglia.

La Corte di appello assolveva l’imputato con la formula “perché non ha commesso il fatto”.